Fiala iacta est


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di Carlo Buonamico

Di necessità virtù, le farmacie potrebbero trovare nuova linfa vitale risorgendo dalle ceneri lasciate dalla pandemia. O, meglio, dalle fiale di vaccino e dai tamponi. Grazie alla legge di Bilancio, il farmacista è protagonista di diagnosi e vaccinazione per il Covid.

Pochi avrebbero scommesso che il potenziamento della farmacia potesse arrivare da una pandemia. Ancora meno sarebbero state le puntate sul fatto che sarebbe servita una crisi sanitaria nazionale di portata storica per consentire il licenziamento di una legge, quella di Bilancio, che consente per la prima volta al farmacista di compiere sul cittadino atti sanitari come quello della vaccinazione o del prelievo di sangue capillare, seppur sotto il controllo di un medico.
Eppure, il 2021 sarà ricordato come un’annata storica per la farmacia italiana, che in un sol colpo recupera un ritardo di anni rispetto a molti altri Paesi europei, agli Usa e al Regno Unito, dove il farmacista è da tempo attivamente impegnato nelle campagne vaccinali e in esami diagnostici sofisticati.
La legge di Bilancio 2021 licenziata dal Parlamento lo scorso 31 dicembre contiene infatti quattro commi – 418, 419, 420 e 471 – che introducono grandissime novità per le farmacie territoriali.

Farmacista protagonista della diagnosi…

Andiamo con ordine. Il primo comma dà la possibilità alle farmacie territoriali dotate di spazi idonei sotto il profilo igienico-sanitario e di tutela della privacy di eseguire i test anticorpali e i test antigenici rapidi per il Covid-19. Il terzo, a sua volta, introduce la possibilità di “prelievo del sangue capillare” per l’effettuazione di test diagnostici. Una piccola, grande, rivoluzione del ruolo del farmacista, che diventa protagonista di tanti nuovi servizi che nella pratica quotidiana ampliano significativamente non solo il numero, ma soprattutto la rilevanza del portafoglio proprio della “farmacia dei servizi”, ormai una realtà apprezzata da tutti i cittadini. Tanti nuovi servizi che naturalmente devono trovare una giusta remunerazione, che il secondo comma rimanda ad “accordi regionali correlato alla legge 412 del 30/12/1991. Tradotto in soldoni, significa che non sono stati stanziati fondi ad hoc nel bilancio dello Stato, e che quindi toccherà alle Regioni «attingere a fondi indistinti, ovviamente tenendo conto che le farmacie effettueranno prestazioni a supporto delle altre strutture», commenta il presidente del Sunifar Gianni Petrosillo, evidenziando che, quindi, «ciò significa che il numero delle prestazioni effettuate dalle farmacie non graverà sugli oneri da rimborsare ad altre strutture accreditate».

…e della vaccinazione.

Ma veniamo al punto forse più importante: le vaccinazioni.
Grazie al comma 471 si autorizza al farmacista “in via sperimentale, per il 2021, la somministrazione di vaccini nelle farmacie aperte al pubblico sotto la supervisione di medici assistiti, se necessario, da infermieri o da personale sanitario opportunamente formato, subordinatamente alla stipulazione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica, di specifici accordi con le organizzazioni sindacali rappresentative delle farmacie, sentito il competente ordine professionale”. Per la prima volta l’Italia trova un primo timido allineamento a quanto avviene all’estero dove i farmacisti sono coinvolti nelle vaccinazioni, oggi anche in quelle anti-Covid. Dall’Irlanda dove potranno somministrarli alla stregua dei medici di medicina generale, alla Francia dove le farmacie fanno da punto di smistamento delle dosi destinate agli ospiti delle residenze per anziani. «Le farmacie sono pronte», ha detto il presidente della Fofi Andrea Mandelli, intervenendo lo scorso 13 gennaio alla trasmissione Porta a Porta, e «se solo la metà delle 18 mila farmacie italiane somministrassero cinque vaccini al giorno, sarebbero 50 mila le persone vaccinate quotidianamente» sul territorio nazionale, «circa un terzo delle 150 mila che sarebbero necessarie ogni giorno» per arrivare a una rapida copertura vaccinale della popolazione italiana. Con l’arrivo del siero di Moderna e, nel prossimo futuro di quello di AstraZeneca (l’approvazione dell’Agenzia europea dei medicinali – Ema – è attesa entro il 29 gennaio), «per le farmacie sarà ancora più agevole poiché questi due vaccini, differentemente da quello di Pfizer/Biontech, possono essere conservati in frigorifero, e tutte le farmacie ne sono dotate per legge», ha aggiunto Mandelli. Che però avverte: «L’importante è avere le dosi».
«Il Piano vaccini prevedeva 202 milioni di dosi prenotate dall’Italia – circa 29 milioni di dosi di Pfizer, 10 di Moderna, 40 milioni di AstraZeneca, 50 di Johnson & Johnson, 40 di Gsk/Sanofi e 30 di Curevac», ha ricordato il presidente di Aifa Giorgio Palù. Tuttavia, nella realtà le tempistiche potrebbero non rispettare la tabella di marcia. È notizia recente il fatto che si prevedono ritardi sulla consegna del siero di GSk/Sanofi, che dovrebbe rendersi disponibile entro fine anno, e di quello J&J la cui consegna dovrebbe slittare a fine primavera. «L’importante è mettere in campo tutte le armi disponibili», per non farsi trovare impreparati per la distribuzione e somministrazione, «e non rischiare di mandare la palla in tribuna», ha chiosato Mandelli con una metafora calcistica.
Auspicando che tutto vada liscio, al di là del Covid, una prima pietra potrebbe essere stata messa per l’apertura del canale delle somministrazioni vaccinali anche in farmacia. Fiala iacta est.