Omnicanalità di prossimità


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di Maddalena Guiotto

Ci sono nuovi strumenti che da utili diventano necessari per soddisfare una concreta esigenza del cliente e anticipare l’ingresso di nuovi concorrenti. «E smettiamola», ci dice Erika Mallarini, docente alla Sda Bocconi «di guidare guardando lo specchietto retrovisore»

Il Covid-19 ha messo in evidenza due nuovi bisogni: rassicurazione e distanziamento. Anche in farmacia, la prossimità fisica, quindi, è un valore aggiunto meno rilevante che in passato e questo vale anche per la farmacia. «Il cittadino ha bisogno di vicinanza emotiva, di qualcuno di fiducia che l’aiuti a risolvere le proprie nuove necessità, ma il più possibile “a distanza”, senza contatto fisico, senza costringerlo a uscire di casa», spiega Erika Mallarini docente di Public Management Sda Bocconi. Ogni soluzione digitale consente un supporto in alcuni casi anche 24/24 in sicurezza. «Strumenti come il teleconsulto, i chatbot, ma anche un banale whatsapp», continua Mallarini, «acquisiscono una nuova importanza: da un fattore nice to have a un fattore must have», quindi da utili a necessari.
Il Covid ha portato alla ribalta il concetto di omnicanalità di prossimità, situazioni in cui «al tradizionale punto di forza di prossimità si affianchino altri canali per relazionarsi con la comunità di riferimento in modo che il cliente possa scegliere sulla base delle proprie necessità», suggerisce la professoressa. Nel concreto servono quindi «informazioni generiche accreditate e aggiornate sul sito web, informazioni più specifiche  di prevenzione e comunicazioni personalizzate asincrone sui canali social, comunicazioni sintetiche personalizzate tempestive su whatsapp, consulenza personale su prenotazione tramite il consulto, home delivery attraverso app, consulenze semplici clusterizzate sincrone tramite chatbot, prenotazioni di prodotti e servizi con canali digital asincroni,  e molto molto altro», continua Mallarini osservando che «questo, oltre a soddisfare una concreta esigenza del cliente, anticipa l’ingresso di nuovi concorrenti».

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A livello del punto vendita, secondo la docente, oltre ai già citati mezzi di relazione, la farmacia deve sfruttare tutti gli strumenti di retail management che possano contribuire a far percepire la sicurezza del punto di vendita, a massimizzare le vendite negli ormai ridotti tempi di permanenza del cliente e a rafforzare la redditività del business. «La priorità è nel rivedere lay out e display”, spiega Mallarini. «Il cliente, per il timore del contagio vuole passare meno tempo possibile in farmacia quindi occorrono nuove modalità di presentazione dell’assortimento, completamente diverse da quelle ritenute efficaci fino a oggi, che si basavano su altri percorsi in loco. Va quindi rivisto l’assortimento che deve differenziare la value proposition”. Con più canali a disposizione dei clienti, occorre quindi una specializzazione che renda unici. Proprio per questo il suggerimento, per il titolare, è di «redigere un business plan perché le decisioni, in questo contesto, non possono essere prese in modo induttivo e pragmatico».
Sotto il profilo strategico, è necessario avere il coraggio di fare scelte di posizionamento. Si tratta di «creare una value proposition che non si limiti alla dispensazione (gestire il farmaco non richiede necessariamente di dispensarlo) e a standardizzare le procedure», ricorda Mallarini che consiglia, a tale proposito,  di «aggregarsi in reti professionali (possibilmente anche commerciali), guardare al di fuori del proprio settore per poter anticipare le discontinuità di scenario e individuare nuovi partner, sfruttare le potenzialità della sanità integrativa (aspetto che ha sempre le reti come prerequisito)». In estrema sintesi, la professoressa invita i farmacisti a fare un salto di qualità e di «piantarla di guidare guardando nello specchietto retrovisore».