Questione di organizzazione


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di Carlo Buonamico

La sinergia tra farmacista e infermiere sarà lo spartiacque tra la farmacia pre e post-Covid-19. Possibilmente anche grazie a servizi nell’ambito dell’assistenza domiciliare integrata.

Quali sono gli operatori sanitari che possono esercitare all’interno della farmacia? In attesa di chiarimenti sull’effettiva portata dell’art. 102 Tulls, che vieta al farmacista di esercitare personalmente altre professioni sanitarie, le farmacie di comunità sono impegnate nella realizzazione e nell’ampiamento di ciò che è noto come “farmacia dei servizi”. La cui istituzione, di fatto, legittima la presenza e l’attività di figure come l’infermiere proprio all’interno della farmacia.
Ed è proprio la sinergia di attività, di presa in carico, di divisione dei ruoli tra farmacista e infermiere che farà la differenza tra la Sanità dell’era pre-Covid-19 e di quella post-Covid19. Proprio questa comunanza di intenti e di operato sarà una delle leve su cui può agire la farmacia per esprimere le sue capacità e diventare realmente una farmacia potenziata.

Il nodo da sciogliere per la farmacia che voglia intessere questa importante relazione con l’infermiere per potenziare la Sanità territoriale non è tanto il cosa fare, la tipologia di attività da affidargli, quanto il come poterlo fare.
Infatti, se l’opera dell’infermiere in farmacia non si discute, più arduo è riuscire a realizzare le condizioni necessarie per consentirgli di farlo. Insomma, è una questione di organizzazione. Perché la farmacia deve avere e mettere a disposizione spazi separati e riservati dove l’infermiere possa espletare la sua opera con i pazienti. Luoghi che devono essere allestiti come un ambulatorio medico e anche rispondere ad analoghi requisiti normativi che riguardano, non ultime, igiene e privacy.

Naturalmente, una domanda sorge spontanea: come possono fare le farmacie con superficie ridotta o quelle che per diversi motivi non possono rimodulare gli spazi? Sono costrette a rimanere escluse da questa opportunità?
Forse no. Perché esistono altri modi per immaginare la collaborazione tra farmacia e infermiere. Sempre nell’ambito dei servizi. Intesi come tutta quella gamma di assistenza specializzata da espletare fuori dalla farmacia, a domicilio del cittadino. In altri termini è possibile immaginare che la farmacia sia un hub per l’assistenza domiciliare integrata e che parte di questa assistenza possa essere delegata proprio alla figura dell’infermiere.
In questo modo è la farmacia stessa a offrire alla propria clientela un servizio altamente specializzato e a elevato valore aggiunto. Perché prenotabile, senza lunghe attese, presso la farmacia sotto casa. E perché risolutivo di problematiche sanitarie che, diversamente, richiederebbero il ricorso a strutture sanitarie sul territorio con tutti i problemi connessi agli spostamenti del caso. Basti pensare all’utilità che potrebbe avere l’effettuazione dei tamponi a domicilio grazie all’intervento di infermieri inviati dalla propria farmacia di fiducia.
Anche in questo caso si tratta di un problema di organizzazione…