Uno sguardo alla farmacia di domani


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di Claudio Buono

Come sarà la farmacia vincente del prossimo futuro e quali i segni distintivi che le consentiranno di essere al passo con i tempi? Lo abbiamo chiesto a Pierangelo Fissore, Head Marketing and Communication di Uninetfarma.

Come vede l’evoluzione della farmacia dal punto di vista generale e degli spazi fisici?

Quando parliamo di farmacia ci riferiamo a una realtà particolarmente complessa, dove il concetto di salute deve integrarsi con quello che è anche l’aspetto commerciale dell’esercizio stesso. Da questo punto di vista, il titolare, nella sua veste d’imprenditore, deve tener conto dei rapidi cambiamenti di scenario che stanno avvenendo sulla spinta delle nuove regole di mercato. Personalmente anche in farmacia avverto la necessità di una forte evoluzione, che però deve partire da un mutamento culturale, da una vision completamente diversa rispetto al passato. A livello tecnologico le soluzioni non mancano di certo. Le aziende di settore oggi offrono di tutto e di più, spetta però al farmacista comprendere l’opportunità o meno di un certo investimento e se questo potrà tornare utile in termini di sviluppo del proprio business. Un altro elemento su cui occorre lavorare è la rapidità decisionale: oggi come oggi non sono più ammessi tentennamenti. Così facendo si finisce solo col perdere tempo, mentre intanto la concorrenza (vedi i nuovi competitor, molti addirittura fuori canale) dall’oggi al domani ha già concretizzato il proprio progetto. Nell’ambito di questa evoluzione della farmacia rientrano ovviamente anche gli spazi fisici. Un’opportunità di cambiamento in tal senso è offerta dalla pandemia in corso, dove, per rispettare il distanziamento sociale, diventa fondamentale rivedere il layout della farmacia stessa, così da offrire una percezione di sicurezza degli spazi di vendita. Più in generale, comunque, oggi sono molte e svariate le proposte offerte dal mercato per riorganizzare in modo ottimale le diverse aree, magari cambiandone la funzione. Anche in questo caso, sta al titolare puntare su quegli elementi che aiutino la farmacia a valorizzare la professione e il consiglio che la caratterizza.

Cosa pensa di servizi come l’e-commerce, la telemedicina e tutto ciò che concerne la nuova farmacia?

L’integrazione tra la farmacia fisica e quella digitale rappresenta il futuro, per cui non si può più pensare di farne a meno. Oltretutto l’innovazione tecnologica sta apportando soluzioni che, sull’onda dell’emergenza sanitaria, hanno subito un’accelerazione non indifferente. Ma potenziare il digitale non vuole dire solo fare e-commerce (senza nulla togliere al riscontro attivo in termini di fatturato che si registra dal commercio online di prodotti di libera vendita e all’enorme impatto che ha avuto sul comparto nei primi mesi di lockdown). Il cambiamento tecnologico in farmacia si avvale anche di altri canali: pensiamo solo al corretto utilizzo delle piattaforme social per raggiungere il proprio target e mantenere la relazione con i consumatori, o alle app per smartphone, un modo nuovo di interagire con essi, a tutto vantaggio della fidelizzazione della clientela. E poi l’home delivery, un servizio non solo strategico ma sempre più necessario e vicino alle esigenze dell’utenza in questo specifico momento, e la telemedicina, che gioca un ruolo fondamentale nella prevenzione delle patologie più a rischio, come quelle cardiovascolari. In merito a ciò va però detto che occorre fare più chiarezza su quelle che sono le competenze del farmacista, per non entrare in conflitto con i medici di base ma, al contrario, rafforzare la collaborazione con questi ultimi.

Per concludere, che cosa potremmo imparare dagli altri Paesi?

Non voglio peccare di esterofilia, anche perché la farmacia italiana vanta punti di forza come la capillarità e il rapporto di fiducia con la popolazione che la contraddistinguono da altre realtà di Paesi europei e no. Devo riconoscere, però, che gettando l’occhio oltre i nostri confini qualcosa da imparare c’è sempre. Un esempio per tutti è quello delle farmacie anglosassoni, dove il farmacista ha un ruolo prettamente sanitario mentre della parte commerciale sono altri a occuparsene. Un modello che sotto certi aspetti sarebbe bello importare anche da noi ma che è molto difficile replicare per tutta una serie di fattori, come la mancanza di linee guida e una sanità a venti velocità che non permette un’uniformità di progetti, a volte altamente innovativi. Questo fa sì che il farmacista sovente non venga valorizzato come una figura indispensabile per il presidio della salute, un vero touchpoint presente sul territorio.